venerdì 5 maggio 2017

C.K. Harp in racconto: "Un'estate fuori programma" (#6)


*Udite Udite*: C.K. Harp ha sfornato anche la sesta puntata di Un'estate fuori programma. 
Un chick lit in chiave lgbt per prepararci alla bella stagione e sorridere alle occasioni che ci presenta la vita... e un'estate fuori programma.
Vi avverto che la situazione inizia a scaldarsi per bene e io non vedo già l'ora di leggere il nuovo capitolo!
Non dimenticate di lasciare un piccolo segno del vostro gradimento qui sotto!

Capitolo 1 - QUI
Capitolo 2 QUI
Capitolo 3 - QUI
Capitolo 4 - QUI
Capitolo 5 - QUI

Capitolo 6

Ok, usciamo. Non è che abbia scelta, comunque. Tolto il fatto che Achille mi ha guardato con due occhi quasi imploranti (cioè, capite?) mia sorella ha cominciato a fare la stronza all’ennesima potenza, sussurrandomi all’orecchio i numeri che mamma e papà avrebbe potuto fare anche in mia presenza, quindi sono sgattaiolato in camera, mi sono vestito con un minimo di decenza, e ho raggiunto la banda in un tempo record di cinque minuti. 
Io. 
Cinque minuti. 
Da non credere… Com’è che dicono? Tira più un pelo di figa che… No, be’, ma non hanno visto con chi lavoro! 
«Ok, ci siamo tutti?» chiede Davide, ma è ovvio che nessuno gli risponda. 
«Credo di sì» replica mia sorella, e io evito di guardarla perché sarebbe come sparare sulla croce rossa. 
Come cazzo abbiamo fatto a uscire dallo stesso posto? Avete presente quando hai la sensazione di essere stato adottato, ma più guardi te e i tuoi, e più le somiglianze sono troppe per poterci credere davvero? 
La mia, in realtà, è una speranza. 
«Andiamo allora!» esclama mio cognato, lanciando uno sguardo allegro alla ragazza. Dio, cosa si fa per… 
Ma forse sono troppo cinico, forse la ama per davvero. Che cazzo ci trovi in lei non lo so, però…
«Tutto ok?» 
Cazzo. Cazzocazzocazzo. Ce l’ho di fianco, proprio qui a destra, e la sua voce mi ha fottuto i pensieri, il cervello, l’ossigeno. Non me ne ero accorto. Cioè, sì, lo sapevo che uscivamo insieme, che saremmo stati confinati tutti e due in un posto chiuso come la Ka di Davide (andiamo, ma quale cazzo di ragazzo etero si fa la Ka? No, non quella nuova, ma un vecchio modello del 2000 con trecentomilioni di chilometri e una radio che “per carità la vita), ma… Non ci avevo pensato seriamente. Avevo cercato di non crederci. 
E invece è qui, a un soffio, il suo alito nell’orecchio, un profumo buonissimo che mi invade ovunque (OVUNQUE) e una specie di corrente elettrica che mi stordisce. 
Non devo voltarmi. Non devo farlo, perché è troppo, troppo vicino. 
Mi volto. 
«Tutto ok» esalo, ma non lo so se ho risposto davvero o se è stata solo una mia impressione. È buio, non dovrei vederci un cazzo, eppure i suoi occhi riflettono contro le luci della strada, squarciandomi dentro. Mi stanno perforando, scavando, e io ci vorrei fare l’amore con loro. Non solo con quelli, sarei un po’ troppo macabro, ma mi avete capito, no? 
«Scusa se non ci siamo più sentiti, ma ho avuto… dei problemi» dice, ritraendosi un po’. Si passa una mano tra i capelli e lancia un’occhiata verso la postazione davanti, da cui arriva il chiacchiericcio tranquillo di Cinzia e Davide. 
«Non devi dirmi niente, non devi…» 
«E invece credo di sì» mi interrompe, facendosi di nuovo vicino. No, non ce l’ho davanti alle labbra, come cazzo lo spiegherebbe al suo amico? E come dovrebbe spiegarlo a me, se ci pensiamo bene? Non avrebbe motivo. Siamo spalla contro spalla, adesso, e lui volta il viso verso di me ogni volta che deve parlarmi, così che nessuno ci senta. Ho i brividi. Cazzo, ho i brividi dappertutto! 
«Ma non è successo niente» cerco di sdrammatizzare, sorridendo. Non mi volto, non posso, ma mi allontano un po’. Sto per soffocare, tanta è la voglia di prendergli la faccia tra le mani, e non potrei proprio giustificare il mio comportamento in nessun modo. Quello che ho visto in casa è stata solo una mia impressione. Achille prova una spiccata simpatia, per me, e forse mi vede come il fratello che non ha. O ce l’ha? Oddio, magari lo aveva ed è morto in un incidente? Magari annegato? 
«Da quando ti ho visto è successo tutto, invece» replica. 
Boom. 
No, fermate questa cazzo di macchina! È ritorno al futuro? 
Mi giro verso di lui, adesso non posso proprio farne a meno, e lo guardo. Ho il cuore in gola (non fate gli stronzi, ho solo il cuore in fondo alla trachea, non qualcosa di diverso… Non che non lo vorrei, sia chiaro, ma…) e mi sudano le mani. 
Ho capito bene? 
«Non ti seguo…» 
«Io credo di sì» mormora. 
«Arrivati!» cinguetta Cinzia, saltando giù dalla macchina. Per tornare alla realtà ci metto un secondo di troppo, tanto che Achille mi sorride e mi prende il mento tra le dita, ma senza avvicinarsi. 
«Siamo arrivati. Dovremmo scendere» mi informa. Com’è che ho l’impressione che lui rimarrebbe volentieri qui con me? 
«O-ok» annuisco, stralunato, e cerco di aprire la portiera mancando inevitabilmente la maniglia. Cazzo, ma perché mi succede sempre quando sono con lui? 
Ed eccolo, che lo fa un’altra volta. Si sporge su di me, allunga il braccio, fa scattare la serratura e spalanca quella cazzo di gabbia all’odore di… non so neanche che profumo sia, ma è il suo, e ora è ancora più intenso. Cazzo, siamo attaccati come francobolli. Deglutisco, guardandolo ritrarsi, ma prima che possa scendere, lui mi inchioda con gli occhi e mi guarda, serio questa volta. 
«Me la rendi troppo difficile, Rob…» mormora. 
«Non ho capito di cosa parli» sussurro. Io sono cosciente del fatto che quei due sono qua fuori e ci stanno aspettando, ma che colpa ne ho io se non riesco più a capire dove siano le gambe, le braccia, o il cervello? 
Non ci sto capendo più un cazzo. 
«Starti lontano…» replica, voltandosi verso la portiera dal suo lato. «Credevo fosse semplice, e invece incasini tutto. E mi basta solo guardarti» conclude, poi esce e io… 
«Si sta facendo notte» intona Cinzia, sbucando di fianco con un saltello dell’orrore. Sussulto, terrorizzato, ma non commento, non ne ho la forza, e scendo remissivo, ascoltando le serrature centralizzate chiudersi all’unisono. C’è qualcosa che mi sfugge. 
Ok, non sono completamente idiota, e tra i segnali che mi ha lanciato fin dall’inizio Achille, e quello che ha detto Davide stasera a cena, c’è poco da fraintendere. 
Però… Che sia bisessuale? Ha avuto una storia con Mirella, me lo ha detto lui, e tutti, TUTTI, hanno assicurato il suo essere “schifosamente etero”. E allora? L’illuminazione sulla via di Damasco? Una folgorazione, stile “ho visto la luce”?! 
Ho dei poteri? Cazzo, ce li ho davvero? 
Senza rendermene conto seguo i tre “amiconi” verso l’uscita di un grande parcheggio, ma è solo quando tutti si fermano davanti a un muro vivente che sollevo lo sguardo e capisco dove sono. 
Gelo… Gelo inside. 
Lo Zanzibar? Ma davvero? 
«Non fate sul serio…» mormoro, e infatti non mi si fila nessuno, in quel marasma. Afferro quella stronza di mia sorella per un braccio e la strattono, costringendola a guardarmi. «Che cazzo vi siete messi in testa? Lo sai che io qua dentro non ci entro!» 
«Non fare il solito ragazzino, Rob» mi rimbecca lei, masticando una gomma. Oddio, adesso la strozzo. 
«Non sono un ragazzino: io non ballo. Cazzo, io non ballo. Io non ci entro là dentro!»
«Neanche se te lo chiede lui?» mi chiede, indicando Achille a pochi passi da me. Sta parlando con una ragazza in fila, sorridendo come uno stronzo, e la voglia di urlare diventa così pressante e opprimente che quasi mi schiaccia. 
«Lo vedo come ti guarda» mi sussurra Cinzia avvicinandosi, e l’odore di menta mi avvolge. «Smettila di fare lo stupido e lasciati andare. Sarebbe pure ora, fratellino» conclude, strizzando l’occhio come in un film. 
Una realtà parallela? Un buco nero? Dove sono, che fine hanno fatto le mie certezze? 
«Venite, Ilaria ci fa passare davanti a tutti» interviene Achille, dandomi una pacca sulla spalla che potrebbe anche spolmonarmi, poi mi spinge in avanti e la musica dello Zanzibar mi trapana le meningi. 
Una discoteca… Una fottutissima discoteca! E con Achille, poi. 
No, non ce la posso fare!


- Le cose iniziano a farsi davvero interessanti... o sbaglio? -

- Credits immagine banner: HommeMaker -

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