Vi è mancato Roberto? Le sue avventure continuano nella quinta puntata di Un'estate fuori programma.
Un chick lit in chiave lgbt per prepararci alla bella stagione e sorridere alle occasioni che ci presenta la vita... e un'estate fuori programma.
Oggi potete anche godervi la lettura del nuovo capitolo accompagnati dalla colonna sonora del racconto ;)
Non dimenticate di lasciare un piccolo segno del vostro gradimento qui sotto!
Capitolo 1 - QUI
Capitolo 2 - QUIOggi potete anche godervi la lettura del nuovo capitolo accompagnati dalla colonna sonora del racconto ;)
Non dimenticate di lasciare un piccolo segno del vostro gradimento qui sotto!
Capitolo 1 - QUI
Capitolo 3 - QUI
Sono passati cinque giorni. Cinque cazzo di giorni e lui è sparito. Lui - lui, Achille. Cioè, volatilizzato! Puff, come se non fosse neanche mai esistito. Ma vi pare?
Quando dico che la vita sa essere di merda, non dico mica cavolate: è proprio così. “Mai una gioia” con me assume nuovi ed esaltanti significati, come se quello stronzo di Murphy volesse inscenare nuovi panorami per creare il termine “sfiga 2.0”.
Insomma, non è che mi possa lamentare, comunque. Tolto il primo giorno, Mirella è diventata quasi accettabile, tipo lo scarafaggio di Kafka con la mela incastrata nel culo, e il padre di Achille è malleabile quanto l’impasto della frolla. Sì, lo so che ha un nome, ma chiamarlo “il padre di Achille” mi infonde quel dolore piacevole nello stomaco tipo quando hai una bolla sulla lingua e continui a stuzzicarla con i denti perché in fondo ci godi.
Sì, sono strano, ma neanche più di tanto. Almeno io non mi mangio le unghie dei piedi, ecco.
Comunque, sono tornato a casa da dieci minuti e già rimpiango il fatto di non averci impiegato un’altra ora di autobus, magari dilatando i minuti fino a vedere le luci spegnersi e i miei andare a letto. E invece no, sono masochista e sono tornato in tempo per la cena.
Ve la risparmio, davvero, perché è uno stillicidio continuo. Tra quell’invasata di Cinzia che mi guarda come se stessi nascondendo il terzo segreto di Fatima, il ragazzo che non fa che chiedermi come va il nuovo lavoro, e mia madre che confabula con mio padre per stabilire chi dei due debba stare sotto o sopra stanotte (non è che lo stiano proprio dicendo apertamente, ma riconosco i segnali quando li vedo, e non è una gran bella veduta, ve lo dico. Vi è mai capitato di sentire i vostri genitori fare sesso? Cristo santo, spero per voi di no! Una cosa abominevole! Ancora adesso, durante le notti solitarie, nella penombra della mia stanza, quando la luna filtra sorniona dalle imposte, rabbrividisco al pensiero della voce di mio padre che fa: “Ahhh!”. Dio mio, che m’avete fatto venire in mente!) è il delirio!
«Allora?» riprende Davide, finendo di masticare un finocchio (già… a casa mia vanno per la maggiore) «Come va? Non mi hai detto ancora niente. Achille mi ha raccontato che te la cavi bene» mi fa. Cioè, cosa?
Raddrizzo le spalle e lo guardo negli occhi.
«Achille?» chiedo. «E come fa a saperlo? Tranne il primo giorno ha disertato…»
«Cos’è, soffri di nostalgia? Già ti eri innamorato?» mi canzona mia sorella Misery. Stronza, stronza, stronza.
«No, idiota, è che di lavoro ce n’è tanto e con Mirella facciamo fatica. Il primo giorno, col fatto che c’era anche Achille (uhm… dolore… Ok, sembro un emo, meglio farla finita), è stato un po’ più tranquillo. Io ancora devo imparare a…»
«Ah, ma non è quello che dice Achille, sai?» mi interrompe Davide. E dagli con ‘sto Achille… Sempre in bocca ce l’ha stasera… Dio mio, mi stanno venendo certe battute in testa…
«E che dice l’allegro aspirante pilota?» domando, cattivo. Cazzo, lo odio! Non Davide, Achille. Ma lo sapete che non mi ha detto neanche una parola quando sono andato via quel giorno? Ma lo sapete che mi sono ritrovato la mattina dopo a non sapere se sarebbe passato o no con la conseguenza di dover correre fino alla fermata come se non ci fosse un domani per non perdere l’unico autobus in circolazione a quell’ora? E lo sapete che il telefono non ha più segnalato un cazzo di messaggio? E non ero stato io il primo a contattarlo, allo stronzo, ma lui! Senza parlare di quella scenetta del dentifricio, lo sguardo, la battuta… Più ci penso e più mi dico che uno completamente etero così non ci si comporta.
Eppure eccolo là: è sparito.
«Non vuole fare il pilota, ma lavorare in ufficio» mi contraddice Davide. «Comunque mi ha detto che il padre è contento, che ha visto che ti muovi bene e che gli hai fatto un’ottima impressione.»
«Già. Ok, ok» mugugno, lanciando un pezzo di pane sul tavolo, stizzito.
«Ehi, ragazzino, non si gioca con il pane» mi ammonisce Madre, incazzata come una iena da uno a zero in un secondo netto. «È sacro, non lo sai? Quando ero giovane…»
«Sì, lo so» la interrompo, alzando gli occhi al cielo. «Quando eri piccola nonno te ne dava così tante, se provavi a buttare una mollica, che “fu sera e fu mattina”. Comunque non l’ho buttato e non ci stavo giocando, ero solo…»
«Sta penando d’amore, mamma…» interviene Misery. Stronzaaaaaa.
«Non è vero» ribatto, guardandola in cagnesco. Vedo Davide lanciarle un’occhiataccia e forse darle anche un calcio sotto il tavolo, dato il salto e il gemito della stronzissima di cui sopra. Ben le sta!
«Falla finita. E se anche fosse vero, non mi pare il caso di prenderlo in giro» la rimbecca il ragazzo.
«Oltretutto non so neanche quanto avrebbe ragione di penare» si lascia sfuggire prima di tapparsi la bocca con una mano e guardarmi con gli occhi sgranati.
Ok…
Punto primo: come siamo arrivati a parlare della mia vita affettiva e sessuale a tavola?!
Punto secondo: come siamo arrivati a parlare di me come se io non esistessi?
Punto terzo: come cazzo è questa storia del “non so quanto dovrebbe penare”?
«Spiega» lo esorto, ma ormai è il delirio. Madre ha strabuzzato gli occhi e rischia di strozzarsi col pane che avevo lanciato (non si butta via niente qui, ragazzuoli), papà sta lì che ci guarda come se stessimo parlando dell’Armageddon, Cinzia si massaggia una caviglia mentre farfuglia qualcosa a proposito dei segreti che il ragazzo non saprebbe tenere, e Davide tracanna vino come se fosse acqua. Credo che stanotte la giovane e allegra coppia abbia serie intenzioni di regalarci qualche nipote. Per lo meno il rischio è alto, a giudicare dai pomelli rosi sulle guance del simpatico cognato. Ancora mi chiedo che cazzo ci trovi in quell’invasata di mia sorella…
«Cos’è questa storia?» bercia Madre, afferrando un bicchiere. «Hai un ragazzo e non ci dici niente? E quando ce lo fai conoscere? E dove lo hai incontrato? Da quanto va avanti? Allora i preservativi che ho trovato in camera tua…»
«Non li hai trovati per caso» intervengo, cercando di placarla, ma è del tutto inutile.
«Ma figurati se Rob ha un ragazzo!» esclama Misery. «E chi se lo fila, stralunato com’è? Sarebbe pure carino, ma strano da morire. Vedrai che è tutto un film suo…»
«Io non mi sono fatto nessun film!» protesto, battendo un pugno sul tavolo.
«Sì, come se qualcuno ti credesse. L’ho visto come lo guardavi l’altra mattina!»
«Ma è quando sembrava Poltergeist davanti alla porta di casa?» commenta mio padre. E che cazzo, ti pareva che non ci si metteva in mezzo pure lui?!
«Io non…»
«Be’, c’è da dire che Achille è un figo spaziale» ribatte Cinzia.
«Ah, vedi come si vengono a scoprire le cose?!» replica Davide, girandosi verso di lei.
«Be’, ma non è mica una novità. E poi non hai niente di cui preoccuparti, mi pare. Da quello che mi hai detto…»
«Perché, che gli hai detto?» mi inserisco. Questa conversazione sta assumendo contorni grotteschi, ma le sfumature nel mezzo mi interessano. E tanto, anche.
«Io niente. Davvero, niente» ribadisce Davide, alzando le mani. «Diciamo che ho l’impressione che Achille possa tenere un piede in due scarpe…»
«Sì, una col tacco e una con la punta di ferro» commenta, perfida, la stronza.
«Sei sempre così sensibile, sorella…» commento, scuotendo la testa.
«Ma non era una battuta cattiva, era…»
Ma non sapremo mai cosa stava per dire, perché il campanello, direi anche provvidenziale per la sua epica figura di merda, suona proprio su quei puntini di sospensione.
E adesso chi è? Mi pare di stare sul set di un manga giapponese, cazzo!
«Ah, ehm… Questo dovrebbe essere un mio amico…»
«Ah, quell’amico, giusto?» interviene Cinzia, assottigliando lo sguardo sul profilo del ragazzo.
«Già…» annuisce lui, spostando la sedia all’indietro.
«Uscite, ragazzi?» domanda Madre, cambiando espressione come se finora non avessimo parlato del qui presente vostro affezionatissimo. Ok, sono approdato su una realtà parallela. O magari, arrivato alla fine della strada, scopro una grande telecamera tipo Truman Show.
Ho un brivido.
«Se uscite e andate in quella birreria di cui mi parlavate, mi prendete una bottiglia della loro bionda artigianale? Quella che mi avete fatto assaggiare… Con quella punta di amaro, ma fruttato al tempo stesso, scende giù nella gola che è una meraviglia…»
Ok, adesso il brivido è ancora più intenso. Ci manca solo che si giri con un sorriso a quarantaquattro denti, citando la marca, e poi sono pronto a scappare urlando come un invasato!
«Con chi uscite?» chiedo, fingendomi disinteressato, mentre Cinzia va alla porta per aprire.
Ma io lo so, lo sospetto. Perché Davide ha distolto lo sguardo, Cinzia non ha parlato e i miei… Boh, i miei hanno ripreso a confabulare.
E non voglio pensare ai loro discorsi: già sapete.
«Con chi uscite?» ripeto, inspirando a pieni polmoni.
«Me lo ha chiesto lui, a dire il vero, e anzi… Be’, se non hai niente da fare, potresti venire con noi…»
«Scherzi» replico, disgustato, scattando in piedi. Sono in ciabatte infradito, maglietta bucata, shorts stile Freddy Mercury e un capello che manda a cagare l’altro. No, non possono farmi questo!
Faccio per voltarmi, intenzionato a schizzare in camera, quando me lo vedo davanti.
Illegale.
Bello.
Sorco (e sì, non è che ho altre maniere di descriverlo: lo è!).
Achille. E mi guarda dalla testa ai piedi come se stesse per spogliarmi.
Letteralmente.
Cristo…